3 dicembre – San Francesco Saverio

Francesco SaverioIl 3 dicembre si ricorda San Francesco Saverio SJ, uno dei primi gesuiti, tra i primi compagni di Sant’Ignazio di Loyola. Saverio è considerato uno dei più grandi, instancabili e audaci missionari di tutti i tempi, patrono delle missioni e patrono d’Oriente.

Il castello degli Xavier
Il castello degli Xavier

Francesco Saverio apparteneva ad una nobile famiglia della Navarra (Spagna), gli Javier o  Xavier (italianizzato in Saverio). Durante i suoi studi in Francia, soggiornando al Collegio Santa Barbara di Parigi, ebbe come compagno di stanza Ignazio di Loyola, più anziano di lui, ritornato sui banchi per studiare e conseguire un titolo accademico. Inizialmente Francesco Saverio, che amava la raffinatezza e le gioie della vita, non nutriva simpatia nè ammirazione per il suo compagno di stanza. Ma Ignazio, ripetendo quotidianamente a Francesco la frase evangelica “Che serve all’uomo conquistare il mondo se poi perde la propria anima?”, riuscì progressivamente a “convertirlo” e tra i due nacque un legame e una amicizia profondissima nella fede.

Allo stesso collegio studiava anche Pietro Favre (1506-1546), che si unì a Ignazio e Francesco nel nucleo dei cosiddetti “primi compagni”, cioè i primi 10 gesuiti. Il 15 agosto 1534, infatti, nella chiesa di Saint Pierre di Montmartre, questi primi “amici nel Signore” fecero i loro primi voti, da cui nascerà la Compagnia di Gesù.

Diventato sacerdote nel 1537, dopo un po’ di apostolato nelle città di Vicenza e di Bologna, visse a Roma, accanto a Ignazio come segretario tra il 1539 e il 1540. Quando Giovanni III del Portogallo chiese a Papa Paolo III di inviare missionari ad evangelizzare i popoli nelle colonie delle nuove Indie orientali, Ignazio scelse alcuni gesuiti da inviare. Purtroppo uno dei gesuiti scelti da Ignazio, Nicolò Bobadilla fu colpito da una grave sciatica subito prima della partenza. Ignazio chiese quindi a Saverio di prendere il suo posto. In poche ore, Francesco Saverio, con grande obbedienza e spirito missionario, accettò con entusiasmo, pur non senza sofferenza e sacrificio. Lasciò i suoi compagni più cari, l’Europa e il suo mondo, tutti i suoi affetti per partire, con un viaggio penoso lunghissimo (13 mesi) in nave a vela, verso un mondo difficile, sconosciuto e lontanissimo. Il papa Paolo III per questo viaggio lo nominò nunzio apostolico per le Indie.

Il 6 maggio 1542 Francesco Saverio giunse a Goa, in India, e stabilì nell’ospedale della città il centro della sua attività, curando i malati e le vittime del viaggio per mare, ma estendendo gradualmente la sua opera anche a prigionieri, mercanti, schiavi e sofferenti. Svolgeva la sua opera con tale premura da venire chiamato “Santo Padre” e “Grande Padre”. Con un campanello raccoglieva per le strade i fanciulli e li radunava per insegnare loro il catechismo e cantici spirituali.

Francesco rimase a Goa per cinque mesi, poichè fu poi inviato a Capo Comorin, nel Sud del Paese, per catechizzare i Paravas, una tribù indigena che parlava il tamil. Francesco si fece tradurre le preghiere cristiane in tamil e iniziò a insegnare ai bambini il catechismo a partire dal Credo. Il metodo funzionò e Francesco scriveva, stanco ma felice, lunghe lettere a Roma al suo amico e maestro Ignazio.

“Abbiamo percorso i villaggi dei neofiti, che pochi anni fa avevano ricevuto i sacramenti cristiani. Questa zona non è abitata dai Portoghesi, perché estremamente sterile e povera, e i cristiani indigeni, privi di sacerdoti, non sanno nient’altro se non che sono cristiani. non c’è nessuno che celebri le sacre funzioni, nessuno che insegni loro il Credo, il Padre nostro, l’Ave ed i Comandamenti della legge divina.
Da quando dunque arrivai qui non mi sono fermato un istante; percorro con assiduità i villaggi, amministro il battesimo ai bambini che non l’hanno ancora ricevuto. Così ho salvato un numero grandissimo di bambini, i quali, come si dice, non sapevano distinguere la destra dalla sinistra. I fanciulli poi non mi lasciano né dire l’Ufficio divino, né prendere cibo, né riposare fino a che non ho loro insegnato qualche preghiera; allora ho cominciato a capire che a loro appartiene il regno dei cieli.
Perciò, non potendo senza empietà respingere una domanda così giusta, a cominciare dalla confessione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnavo loro il Simbolo apostolico, il Padre nostro e l’Ave Maria. Mi sono accorto che sono molti intelligenti e, se ci fosse qualcuno a istruirli nella legge cristiana, non dubito che diventerebbero ottimi cristiani.
Moltissimi, in questi luoghi, non si fanno ora cristiani solamente perché manca chi li faccia cristiani. Molto spesso mi viene in mente di percorrere le Università d’Europa, specialmente quella di Parigi, e di mettermi a gridare qua e là come un pazzo e scuotere coloro che hanno più scienza che carità con queste parole: Ahimè, quale gran numero di anime, per colpa vostra, viene escluso dal cielo e cacciato all’inferno!
Oh! se costoro, come si occupano di lettere, così si dessero pensiero anche di questo, onde poter rendere conto a Dio della scienza e dei talenti ricevuti!
In verità moltissimi di costoro, turbati questo pensiero, dandosi alla meditazione delle cose divine, si disporrebbero ad ascoltare quanto il Signore dice al loro cuore, e, messe da parte le loro brame e gli affari umani, si metterebbero totalmente a disposizione della volontà di Dio. Griderebbero certo dal profondo del loro cuore: «Signore, eccomi; che cosa vuoi che io faccia?» (At 9, 6 volg.). Mandami dove vuoi, magari anche in India”.

(Dalle lettere di San Francesco Saverio a Sant’Ignazio, 1542-1544)

Per due anni, andando di villaggio in villaggio, solo e a piedi, esposto a numerosi pericoli, fondò  chiese e scuole, insegnando e guarendo, spesso appianando anche liti e promuovendo la giustizia, difendendo anche le popolazioni locali dalle esazioni e malversazioni dei portoghesi.

Francesco SaverioQuando sentì che le Molucche (l’odierna Indonesia) erano prive di sacerdoti e di ogni aiuto spirituale, in qualità di nunzio apostolico per l’Oriente si sentì in dovere di partire, affrontando un viaggio durissimo e pericoloso, recandosi a Malacca, ad Amboina e all’isola di Ternate.

A Malacca sentì per la prima volta parlare di un paese chiamato Cipang, Giappone e anche in questo caso si sentì nuovamente chiamato a partire. Giunse in Giappone il 15 agosto 1549, aprendo le porte a una nuova missione, che però si dimostrò essere particolarmente difficile. Non riuscì, infatti, a incontrare l’imperatore dopo un lungo e difficile viaggio a piedi a Miyako. Il viaggio in Giappone, pur avendo segnato una pietra miliare e portato il cristianesimo in terre del tutto nuove, non fu un particolare successo.

Stanco, duramente provato e affaticato, Francesco si convinse che il Giappone si sarebbe potuto convertire solo in seguito alla conversione della Cina, che però era interdetta agli stranieri. Francesco, giunto a Sancian, di fronte a Canton, riuscì a convincere un mercante cinese a introdurlo clandestinamente in Cina. Purtroppo però, nonostante le promesse e gli accordi, il mercante non si fece vedere e lasciò Francesco solo e abbandonato ad aspettarlo.

Era la fine di novembre del 1552, in pieno inverno. Francesco, indebolito, solo, senza cibo e duramente provato, fu colto da gravi febbri (probabilmente una polmonite) e morì all’alba del 3 dicembre del 1552 sotto dei giunchi su una spiaggia. Sepolto in gran fretta il giorno successivo da un servo, che lo depose in una cassa ripiena di calce, ma sulla sua tomba non fu nemmeno posta una croce.

Alla sua morte, a soli 46 anni, Francesco ha percorso più di 62.000 chilometri,spesso con piedi piagati e sanguinanti, in soli 10 anni.

Il seme dell’evangelizzazione e della sua opera, però era ormai gettato e portò molto frutto. Due anni dopo il corpo di Saverio fu trasportato, integro e intatto, prima a Malacca e poi a Goa, dove ancora oggi si venera nella chiesa del Buon Gesù. Il suo braccio, con il quale instancabilmente ha battezzato migliaia di persone, è invece venerato a Roma.

Francesco Saverio fu beatificato da Papa Paolo V il 21 ottobe 1619 e canonizzato da Gregorio XV il 12 marzo 1622, insieme a Ignazio di Loyola.

Numerose missioni in Oriente come in Occidente, in America Latina e negli Stati Uniti portano il suo nome. E’ spesso invocato, oltre che come protettore delle missioni, anche in aiuto e conforto degli ammalati e dei catecumeni.

Preghiera

O Dio, pietoso e misericordioso, che haimolti popoli dell’Oriente alla luce del Vangelo con la predicazione apostolica di San Francesco Saverio, fa’ che ogni comunità cristiana arda dello stesso fervore missionario, perchè su tutta la terra la Santa Chiesa si allieti di nuovi figli. Per Cristo nostro Signore. Amen.

> Il Santo del giorno

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